Il microchip è un circuito integrato applicato nel tessuto sottocutaneo di un cane o di un gatto, o di un altro animale domestico e non, grandi quanto un chicco di riso e basati su una tecnologia passiva RFID. Come tutti noi sappiamo il microchip ha sostituito il tatuaggio per l’identificazione degli animali da affezione, che in tal modo possono essere ricondotti al loro proprietario: tale sistema è particolarmente utile in caso di smarrimento dell’animale, o di furto o ancora, di abbandono.
I Microchip sono apparecchi inerti, chiamati RFID che non contengono alcuna forma di energia interna: i componenti di base sono tre, un chip di silice (che contiene il così detto circuito integrato oltre al numero di identificazione, ai circuiti elettrici per trasmettere le informazioni al lettore), un nucleo di ferrite circondata da un filo di rame che agisce come un’antenna ed un piccolo condensatore che agisce da sintonizzatore.
Questi componenti sono racchiusi entro una capsula di vetro biocompatibile e sigillati ermeticamente per impedire l’ingresso di liquidi corporei. Il chip contiene al suo interno il numero d’identificazione, più circuiti elettronici per trasferire tale informazioni allo scanner: questo scanner agisce come lettore ottico ed è in grado di captare il numero di microchip cui l’animale è abbinato, riconoscendo dunque il suo legittimo proprietario.
Per tale ragione è fondamentale, in caso di cambio di proprietà dell’animale, darne immediata comunicazione alle autorità al fine di consentire il cambio di intestazione della scheda abbinata al microchip del cane. Il microchip impiantato accompagnerà il cane per tutta la vita: ma tenete ben presente che tale sistema non nuoce né fisicamente né psicologicamente all’amico a quattro zampe, a differenza del tatuaggio che provocava un grande dolore fisico e tendeva a scomparire con il trascorrere del tempo, divenendo dunque non leggibile. Fonte
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