Golden Retriever, il cane altruista dal manto dorato

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Intorno alle origini del Golden Retriever esiste un mito simpatico e da molti conosciuto. Gli antenati di questi cagnoni dal fantastico pelo sarebbero stati sei cani da caccia russi, che si esibirono in un circo in Inghilterra. Lì li vide il lord Tweedmouth che decise di acquistarli tutti e sei e poi di incrociarli con il Bloodhound, per dar vita a una razza altrettanto bella ma di taglia ridotta. Questa è la leggenda e non sapremo mai se questa storia sia vera o no. In molti sostengono che il Golden Retriever sia nato dall’incrocio tra il Tweed Water Spaniel con un Terranova di piccola taglia o con un Flat-Coated Retriever. Comunque sia dai registri ottocenteschi che provengono dalla proprietà di lord Tweedmouth, in Scozia, risulta che da Nous, il primo Retriever di colore giallo nato in quella dimora, siano poi nati dei cuccioli dorati. Siamo quindi tutti d’accordo almeno sul fatto che non vi fu nome più preciso e indiscutibile di Golden Retriever!

Alla fine del XIX secolo questo cane divenne davvero molto popolare in Inghilterra e venne poi portato anche in Canada e negli Stati Uniti. Iniziò molto velocemente la sua carriera come cane guida per i ciechi e venne anche sempre più di frequente utilizzato per prestare assistenza ai portatori di handicap. Il suo immenso altruismo gli ha permesso di arrivare fino ai giorni nostri con questa sua dote del saper offrire aiuto al prossimo.

Il criceto Winter White

criceti più dolci

criceto Winter White

Il criceto Winter White è una specie diffusa in Italia da circa trent’anni, originaria del Kazakstan, della steppa della Mongolia e della Siberia, arrivata in Europa nel 1978. I criceti Winter White sono roditori piuttosto piccoli, dalla lunghezza di circa 12 centimetri e dal peso di 50 o 60 grammi, con la coda pelosa a forma di pompon e le zampe ricoperte di pelo; il colore classico di questo criceto è il grigio chiaro, con una striscia nera sul dorso e le zampe e la pancia bianche.

Il nome Winter White deriva dal fatto che in natura, durante i mesi invernali, la pelliccia di queso criceto diventa completamente bianca oppure si copre di macchie chiare per mimetizzarsi nella neve, e non essere, quindi, una preda facilmente visibile. A parte la varietà standard ne esistono altre due: il criceto Winter White Pearl, che possiede il mantello di colore grigio perlato e il Winter White Sapphire, con il pelo sfumato nelle tonalità del grigio e dell’azzurro.

A differenza dei criceti dorati, possiedono una sola ghiandola ventrale all’altezza dell’ombelico che viene usata per marcare il territorio e come richiamo sessuale; questa varietà di criceto vive mediamente 2 anni, massimo 3.

Malattie dei pesci parte seconda

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Continuiamo a parlare delle malattie che maggiormente possono colpire i pesci all’interno dell’acquario: oggi ci occuperemo dell’Oodinium, che altri non è se non l’equivalente dell’ittioftiriasi negli acquari marini. La differenza nel caso di acquario tropicale è che le macchie possono anche assumere un colore rosso scuro, anziché essere a puntini bianchi come nel caso dei pesci di acqua dolce. Il parassita tende ad attaccarsi al corpo del pesce: il batterio si materializza o quando vi è un nuovo pesce che viene introdotto in vasca oppure a causa di repentini sbalzi di temperatura esterna che influiscono nonostante il riscaldatore tenda a mantenere la temperatura costante.

Il manifestarsi della malattia è simile a quella precedentemente trattata: il pesce manifesta difficoltà respiratorie, tenderà a strisciare contro gli oggetti e poi si manifesteranno i puntini, occorrerà quindi somministrare un medicinale specifico e cambiare l’acqua dell’acquario, inserendo il carbone attivo nel filtro per pulire e filtrare bene l’acqua.

Altra malattia che può colpire i nostro pesci sono i funghi come la Saprolegnia, che provocano il manifestarsi sul pesce di una sorta di chiazza bianca come se fosse di ovatta. Tale infezione micotica colpisce molto frequentemente i pesci rossi: la cura è semplice, antibiotici specifici da sciogliere in acqua o bagni salati. Nel caso di localizzazioni specifiche (come lungo la bocca), trattare solo la zona colpita.

Un gioco da gatti

gioco gattiSdraiati sul letto, malgrado non facciamo il minimo movimento, basta anche solo un fremito impercettibile di un muscolo affinchè si scateni la forza ninja nascosta nel nostro adorabile gattino. Immediatamente ci tende un agguato e ci assalta un polpaccio, un braccio e inizia a mordere e graffiare come un indemoniato. Eppure fino a pochi istanti prima magari stava facendo le fusa pacificamente e non pensava neanche ad intraprendere una lotta libera con noi. Come è possibile che il nostro gattino sia così tranquillo e scatenato allo stesso tempo?

Secondo il parere degli esperti, se il micio ha tra i 3 ed i 6 mesi, il gioco intenso è assolutamente normale. Sta a noi affinare e convogliare nel giusto modo la sua energia apparentemente infinita. Se correttamente alimentati e in buona salute, i gattini tra 3 settimane di età e un anno di età hanno una forte propensione al gioco. La loro vita in questa fase, ruota intorno a giocare, dormire e mangiare, e si impegnano in questi comportamenti alternandoli per tutto il giorno.

Dandie Dinmont Terrier, il più buffo dei Terrier

Dandie Dinmont Terrier

Il nome di questa simpaticissima razza canina viene fuori dalla penna di uno scrittore e la storia di come questo piccolo Terrier è diventato famoso in tutto il mondo è la dimostrazione di come spesso, è la vita vera che copia il mondo della fantasia e della letteratura, e non l’arte dello scrivere che si ispira alla vita reale.

Indipendentemente dal fatto che il Dandie Dinmont Terrier si sia fatto valere per la caccia alla volpe, al tasso, alla donnola e alla lontra, in tutta Europa, il piccolino deve la sua fama allo scrittore, inventore tra l’altro del romanzo storico, Sir Walter Scott, che nel 1815 scrisse un libro intitolato Guy Mannering. Il protagonista era un certo Dandie Dinmont, che possedeva sei pepati Terrier, di dedizione e valore sorprendente: Vecchio Pepe, Vecchia Senape, Giovane Pepe, Giovane Senape, Piccolo Pepe e Piccola Senape! Erano ben tre generazioni di cani da caccia, come si può intuire dai loro nomi, flagello di “pantegane, ermellini, donnole, volpi e tassi”.

Il romanzo divenne mito, e i Dandie Dinmont moda. Se ne vedevano molti nei caffè, inglesi e non solo, tutti li desideravano e tutti leggevano e rileggevano il libro di Scott. Quello che colpisce del libro è lo stile, romantico in modo eccellente, e il modo in cui lo scrittore riesce a inserire i sei cani nello scenario scozzese, senza esaltarne la razza, ma rendendoli parte del magnifico paesaggio, e forse è questo il motivo che li ha resi così popolari; non la sublimazione di una razza canina, ma il modo in cui un cane, e questo cane in particolare, può essere parte di un tutto naturale in modo perfetto.

Come fare il bagno al gatto

fare il bagno al gatto

Il mantello del gatto, soprattutto se si tratta di un esemplare a pelo lungo, ha bisogno di molte cure, e oltre alle quotidiane spazzolature, è necessario lavarlo ad intervalli regolari; il bagno serve ad eliminare il pelo morto, lo sporco che il micio ha raccolto in giro e i vari parassiti. Il bagno non è un’attività particolarmente gradita dal gatto, ma se lo abituerete fin da piccolo, sarà un momento poco traumatico, sia per lui che per voi.

Un gatto a pelo lungo deve essere lavato ogni due o tre settimane, mentre uno a pelo corto ogni due mesi, oppure può essere lavato a secco senza bisogno di immergerlo nell’acqua. Il gatto può essere tranquillamente lavato all’interno di un catino di plastica, e per fare questa operazione è necessario munirsi di uno shampoo per gatti, un paio di asciugamani, un recipiente di plastica morbido e una spazzola; prima di bagnarlo spazzolate il mantello con cura, perché i nodi del pelo una volta bagnati sono difficili da sciogliere.

Stendete uno dei due asciugamani sul fondo del catino in modo da non far scivolare il gatto, e riempitelo con acqua calda (ma non bollente) e mettete dentro il micio facendo attenzione a non immergerlo completamente per non farlo spaventare; con il recipiente di plastica, bagnate l’animale con un po’ di shampoo unito ad acqua calda. Massaggiate il pelo dolcemente per far penetrare lo shampoo, facendo attenzione a non farlo entrare negli occhi e nelle orecchie; durante questa operazione rassicurate il vostro gatto, parlandoci in modo affettuoso.

Pterophyllum Scalare: la riproduzione

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La riproduzione dei pesci nella propria vasca è sempre uno degli obiettivi dell’acquariofilo; proprio per questo, e per i comportamenti tipici della razza, i ciclidi sono tra i più amati. Lo scalare, da principe dei ciclidi, non fa ovviamente differenza: oltre ad essere uno splendido pesce, è uno dei ciclidi più interessanti da vedere durante la fase delle cure parentali.

Prima di tutto, occorre fornire ai riproduttori un’acqua con parametri simili ai seguenti: temperatura 27-30° C, durezza complessiva 5-10° dGH, durezza carbonatica 3-5° dKH; pH 6.5-7, No2 non misurabili, NO3 inferiori a 10 mg/l. Oltre a questo, occorre fornire una piantumazione tale da consentire la creazione di nascondigli per la deposizione delle uova, che avverrà su superfici lisce e riparate.

Se lo scopo ultimo dell’acquarifilo è la riproduzione, occorre acquistare 5 o 6 giovani esemplari ed attendere la formazione di una coppia stabile: si noterà la coppia nuotare sempre più in disparte, scacciando gli altri dal territorio scelto per la riproduzione. A questo punto, la coppia posta nelle condizioni inizierà i rituali di accoppiamento: l’affiatamento della coppia sarà riscontrabile dopo la terza o quarta riproduzione, quando saremo sicuri che la coppia è in grado di accudire alla prole, oltre a deporre e fecondare le uova.

Cane e gatto ovvero cane o gatto? Una partita di pro e contro finita 6-5

cane e  gattoCani e gatti, ma sarebbe il caso di dire: cani o gatti? L’antica rivalità tra le due specie di animali domestici più diffusi al mondo potrebbe infatti aver trovato una risoluzione oggettiva ed obiettiva nello studio pubblicato dal New Scientist, che mette nero su bianco i vantaggi dell’uno e dell’altro animale. Una battaglia a suon di pro e di contro che si è conclusa con la vittoria, per appena un punto, del cane.

I criteri di assegnazione dei punti di merito spaziavano dall’intelligenza all’utilità fino a toccare l’attualissimo tema dell’impronta ecologica. Ed è stato un duello durissimo che ha riconosciuto per appena un soffio la “supremazia” del cane come miglior animale domestico. Ma vediamo di scoprire meglio chi si è aggiudicato cosa nei vari campi di confronto che, per ovvie ragioni, erano in tutto undici.

Borzoi, il levriero delle steppe russe

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Il nome Borzoi, in russo, significa velocità, “borzoi” ne è proprio il significato letterale. Questa razza ha origine nel XVI secolo, ai tempi di Ivan il Terribile, nelle steppe dell’alto Volga, infestate dai lupi. Infatti questo cane ottenuto proprio dall’incrocio tra Levrieri asiatici e altri esemplari locali, non era stato pensato solo per le gare e le corse, ma anche per aiutare l’uomo nella caccia ai lupi.

In Russia la caccia ai lupi divenne una vera e propria passione, e come abbiamo visto parlando dell’Airedale Terrier e della caccia alla volpe, l’esagerazione e l’ego degli esseri umani trovavano sfogo in battute di caccia decisamente eccessive. Potevano essere utilizzati all’incirca un centinaio di Foxhound e un centinaio di Borzoi, accompagnati da un centinaio di allevatori; 300, tra cani e uomini, per la caccia a un branco di lupi.

Nel XVII secolo venne apportata una modifica alla razza, perchè i Borzoi risultavano estremamente veloci e abili nella caccia, ma pativano il freddo russo, insopportabile durante i lunghi e crudeli inverni. La razza venne fatta incrociare con esemplari russi, simili ai Collie, e con il cane da slitta lappone. Il risultato fu un cane concepito per la velocità, resistente al freddo, tenace, buon avvistatore e molto valoroso nella caccia al lupo. Il Borzoi che è arrivato fino a noi è un po’ diverso, altrimenti sarebbe impossibile immaginarlo in una vita diversa da quella che in Russia avevano immaginato per lui.

Le zecche nel gatto

zecche nel gatto

Le zecche sono dei parassiti che, come le pulci, si nutrono del sangue dell’animale che li ospita; la loro particolarità consiste nel gonfiarsi dopo il pasto e raggiungere delle dimensioni piuttosto importanti. Per fortuna, i gatti ne sono colpiti raramente, a meno che non vivano in campagna a stretto contatto con animali da cortile.

In generale, le zecche sono parassiti trasportati da animali randagi, oppure da pecore e uccelli, e la loro diffusione può avvenire anche a grandi distanze provocando infestazioni molto estese, anche a causa della grande quantità di uova che la femmina riesce a deporre. La vitalità delle zecche è legata alla temperatura: quando essa scende sotto i 10°C o sale sopra ai 25, le zecche si rifugiano sotto terra, e vi restano per vari mesi in attesa che le condizioni climatiche migliorino.

Se decidete di eliminare manualmente le zecche dal vostro gatto dovete fare molta attenzione perché durante l’estrazione potrebbero rompersi e liberare il sangue infetto che contengono: per questa operazione, quindi, utilizzate una pinzetta, facendo attenzione ad estrarre anche il rostro boccale nella cute, perché se lo lasciate all’interno della pelle potrebbe provocare un granuloma.

Pterophyllum Scalare, parte I

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Oggi conosceremo un nuovo pesce, noto agli acquariofili di tutto il mondo da 100 anni, lo Scalare (detto ache comunemente Angel Fish) è uno dei Ciclidi più diffusi per le sue caratteristiche fisiche e comportamentali: l’analisi di oggi verterà sul biotipo e sul comportamento.

Pesce estremamente affascinante, è diffuso in diverse zone del Sudamerica (Venezuela, Brasile, Perù, bacino del Rio delle Amazzoni) dove vive in anse e baie con scarsa corrente d’acqua e ricche di vegetazione. Vivono in branchi composti da 10-20 individui, in acqua caratterizzata da pochissimi minerali disciolti, pH acido e temperatura media intorno ai 28/30° C.

In acquario, lo Scalare necessita di spazio libero per il nuoto: meglio quindi piantumare la vasca su i lati e sul fondo, arredando il centro della vasca con legni di torbiera, tronchi e sassi, in modo da consentire alle coppie che si formeranno di dividersi il territorio. L’acquisto di questo pesce prevede almeno 6 esemplari per garantire la formazione di una coppia stabile, per cui la vasca dovrà avere dimensioni di almeno 100x50x40 cm, con acqua che, soprattutto per la riproduzione dovrà avere: temperatura 27-30° C, durezza complessiva 5-10° dGH, durezza carbonatica 3-5° dKH; pH 6.5-7, No2 non misurabili, NO3 inferiori a 10 mg/l.

Il bagnetto al proprio cane

bagno cane fotoSe il vostro cane riesce benissimo a manifestare la sua presenza anche senza abbaiare ed entrare nella stanza, forse è giunto il momento di fargli fare un bel bagno. Un momento vissuto spesso con ansia parimenti condivisa da proprietari e cani, soprattutto se si tratta del battesimo dell’acqua e si temono le prime reazioni del nostro cucciolo al lavaggio.
Ecco alcuni consigli degli esperti per rendere il rito del bagno più divertente, o almeno tollerabile, per entrambi. Con un po’ di pazienza e di pratica, sia voi che il vostro cane affronterete questo rituale con più calma e serenità, un passaggio consueto tra le cose da fare insieme e per il vostro amico a quattro zampe, nonchè per la salute e l’igiene di tutta la famiglia e la pulizia della casa.

Il primo passo da fare è quello di consultare il veterinario riguardo alla specificità del pelo del vostro animale. Diverse razze e differenti stili di vita detteranno quanto spesso il vostro cane necessita di fare il bagno e che tipo di shampoo è più indicato per le sue esigenze e caratteristiche specifiche.
E’ ovvio che se il vostro cane spende un sacco di tempo a giocare all’aperto, è probabile che avrà bisogno di un bagno più di frequente.

Alcune razze, come i barboncini, richiedono in genere maggiore scrupolosità nella pulizia rispetto ad esempio ai pastori tedeschi. I cani a pelo corto generalmente si sporcano meno e necessitano meno frequentemente di fare il bagno. Ancora una volta, però, dipende dallo stile di vita del vostro cane.

Bichon Frisé, il piccolo cane barbone e aristocratico

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Il Bichon Frisé è una delle razze più antiche e anche se gli storici non concordano sulle sue origini sono tutti convinti del fatto che questo piccolo cane dal mantello bianco ha sicuramente avuto un antenato la cui presenza era antecedente all’era cristiana. Alcuni pensano che il Bichon Frisé trovi la sua principale parentela con il Maltese, mentre altri credono che questa razza derivi da incroci tra il Barboncino, lo Spaniel e il cane di Caienna. A queste teoria aggiungiamo anche quelle che lo vedono discendere da quattro ceppi principali: Maltese, Bolognese, Tenerife e Avana.

Comunque sia, con il Maltese, il Bichon condivide sicuramente la provenienza, oltre che il caratteristico mantello. Entrambi i cani sono di origine mediterranea, databile tra il 600 a.C. e il 300 a.C., e sia uno che l’altro hanno affinità con il Barbet, un piccolo cane d’acqua e da palude con il pelo soffice, lanoso e gonfio.

Fin dall’inizio il Bichon Frisè venne adorato e vezzeggiato dalla ricca classe mercante e successivamente dalle corti europee più alla moda. Questo gli permise di viaggiare in lungo e in largo, accanto ai suoi padroni, e la razza si diffuse molto velocemente. Durante il Rinascimento il Bichon era una razza rinomata in Italia come in Europa, i mercanti portavano questo piccolo cagnolino bianco con sè anche nelle traversate dell’Oceano, per diletto e per compagnia.

Come difendere il gatto dalle pulci

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Quando vediamo un gatto grattarsi la prima cosa che pensiamo è che il micio abbia le pulci; premesso che per i gatti grattarsi è normale, e che lo fanno anche solo in risposta ad uno stimolo pruriginoso generico,vediamo cosa fare se il nostro felino è stato attaccato dalle pulci.

Le pulci sono dei parassiti che si nutrono del sangue dell’ospitante e che si riproducono molto velocemente: basti pensare che ogni femmina può deporre fino a 50 uova al giorno. Se l’animale è stato attaccato dalle pulci inizierà a grattarsi con insistenza, ma essendo molto piccole, l’unico modo per scoprire se il gatto è stato infettato è usare una lente di ingrandimento; sollevate il pelo del micio e cercate questi parassiti lunghi circa 2 millimetri di colore rosso marrone, oppure verificate la presenza di puntini neri simili a granelli di sabbia, che sono gli escrementi delle pulci.