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Uccise il cane, condannato a due anni di carcere

Uccise il cane e la giustizia ha fatto il suo corso. Un uomo è stato infatti condannato a due anni di carcere. Non sappiamo se con l’indulto le porte della detenzione si apriranno davvero, ma è importante che una condanna sia stata raggiunta.

Rigettato il ricorso alla condanna in cassazione

Entrando nello specifico possiamo dire che l’uomo che uccise il cane nel 2020 a Gioiosa Marina, in provincia di Reggio Calabria, è stato condannato definitivamente a due anni e sei mesi di reclusione. E non solo: al risarcimento del danno a favore delle parti costituitesi come civili e al pagamento di un ammenda pecuniaria di 7.333 euro. È stata l’Organizzazione internazionale protezione animali (Oipa) a diffondere la notizia, costituitasi parte civile insieme alla proprietaria del cane, Lillo, nel processo.

La condanna definitiva è arrivata dopo che la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dell’accusato contro la sentenza ottenuta in primo grado presso il Tribunale di Lodi. Sentenza che era stata poi confermata anche dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria. Per l’uomo che uccise il cane due i capi d’imputazione: detenzione illegale di arma e uccisione di animali. Forse non tutti sanno che ammazzare un animale è un reato punito in base all’articolo 544bis del Codice Penale.

Uccise il cane crivellandolo di colpi

Lillo è stato ucciso nel marzo del 2020. Si trattava di un cane docile che era abituato a uscire da solo nel piccolo paese di Gioiosa Marina senza dare fastidio a nessuno. Era così amato dai vicini che la proprietaria, non vedendolo tornare a casa la sera, inizialmente non si era preoccupata. Non di rado veniva ospitato dalle famiglie del posto.

In realtà il cane quel giorno era stato ucciso e buttato in un burrone dall’imputato. Fu proprio ai piedi del dirupo dove era stato gettato che lo ritrovò la padrona dopo diverse ricerche, con le zampe legate e crivellato di colpi. “Sono pene troppo lievi quelle per i delitti contro gli animali, lo ripetiamo da tempo“, ha sottolineato a proposito del caso il presidente dell’Oipa, Massimo Comparotto. L’uomo ha inoltre sottolineato come occorra “una tutela più incisiva per gli animali, che ancora non ricevono una copertura legislativa diretta non essendo loro riconosciuta soggettività giuridica“. L’auspicio, ha continuato, è quello che si possa raggiungere un inasprimento delle pene legato a questi reati. Sia per tutelare gli animali sia perché sono diversi gli studi che hanno mostrato come vi sia correlazione tra questi atti sugli animali e la pericolosità sociale di chi ne è protagonista.

 

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