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Cani in Cina, squadre della morte pronte ad ammazzarli

“Sbarazzatevene da soli o saremo costretti a venire a ucciderli direttamente in casa vostra”.  Squadroni della morte ingaggiati direttamente da un comitato di cittadini con l’avallo delle autorità locali, per sterminare a domicilio cani. Indesiderati per il fatto stesso di esistere: accade nel quartiere Dayang, periferia orientale della città cinese di Jinan, oltre sei milioni di abitanti. La notizia è di quelle che fanno precipitare nel baratro. L’ordine, in forma di avviso con tanto di firma delle istituzioni comunali, da alcuni giorni è stato affisso nei condominii del quartiere, per lo più anonimi grattacieli abitati da impiegati e operai.

Cani in Cina, squadre morte per ucciderli

“A nessuna persona è permesso tenere cani di qualsiasi tipo”: il diktat delle autorità locali affisso in ogni edificio del quartiere pare riguardare anche cani domestici regolarmente registrati e vaccinati.  Se non ci pensa il proprietario a sbarazzarsi del proprio animale, avverte il foglio, “il comitato organizzerà gruppi di persone autorizzate ad entrare in casa vostra per sopprimerlo”.

Quanto contrasto c’è tra una parte del nostro mondo, spesso dedito a una tale attenzione ossessiva verso il cane e gli animali in genere da snaturarli anche senza volerlo, renderli impropriamente umani, qualche volta persino ridicoli, e questa realtà opaca, violenta, che ci accende di sdegno e ribrezzo catapultandoci nel medioevo della psiche, della società, del diritto, delle istituzioni? Difficile penetrare in un mondo blindato. Un giornalista del britannico The Guardian ci ha provato, raccogliendo solo no comment da parte delle autorità locali e omertà dei cittadini terrorizzati. Pare che il problema siano le deiezioni canine e il disturbo: si debbono “mantenere gli ambienti puliti e garantire a tutti una vita normale”, recita il foglio.

Il sistema legislativo cinese non ha norme specifiche su come tenere gli animali domestici quali l’obbligo del guinzaglio, né prevede ad esempio multe per chi non pulisce le strade dalle deiezioni canine. A ciò si associa il terrore collettivo della rabbia che provoca anche 2mila morti l’anno, per cui i governi regionali in passato hanno  massacrato cani randagi. Ma la rabbia è trasmessa all’uomo in Cina anche a causa dell’usanza di cibarsi di carne di cane, con tanto di ‘sagre’, quale il festival di Yulin.

Se, da una parte, nel paese che sotto il regime di Mao considerava avere cani ostentazione borghese e spreco, si sta sviluppando una coscienza animalista che boicotta traffici, massacri di cani, blocca camion diretti ai mercati; dall’altra ancora è considerata prelibata la carne di cane e mangiata. Tra infinite contraddizioni, in Cina negli ultimi 20 anni il numero di proprietari di cani è cresciuto, malgrado le restrizioni nelle aree urbane ad averne di grossa taglia, ma manca una legislazione contro la crudeltà sugli animali. Noi di norme e leggi per essere civili ne abbiamo a volontà. Non sempre onoriamo la civiltà, tantomeno gli animali che ci sono tanto cari.

 

Foto credit Thinkstock

 

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