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Tra cani decapitati e dati alle fiamme

Cane bruciatoNotizie e immagini forti quelle che arrivano dall’agenzia di stampa GeaPress, si tratta di storie che riguardano alcuni cuccioli bruciati vivi e un cane a cui è stata mutilata al testa.

A dicembre 2010 a Leporano (TA) quattro cuccioli erano stati dati alle fiamme e uno solo si era salvato – che potete vedere in foto -. Un anno dopo, a dicembre 2011, inizierà il processo contro F.B., le iniziali del nome di un orco capace di dare fuoco a dei poveri animali indifesi.

La Procura della Repubblica di Taranto ha già esercitato l’azione penale a carico di F.B., la notizia arriva al seguito delle indagini preliminari avviate dal P.M. e vengono riportate dall’Avvocato Maria Morena Suaria, responsabile dell’Ufficio Legale dell’ANPANA (Associazione Nazionale Protezione Animali Natura Ambiente).

Il folle gesto era avvenuto a settembre 2010 in un casolare pugliese dove i quattro cuccioli erano stati gettati nel fuoco. L’imputato è il proprietario del casolare probabilmente intollerante nei confronti dei quattro cagnolini che, per ragioni ignote, lo infastidivano. L’ANPANA ha già annunciato la costituzione di Parte Civile.

La seconda storia ha uno sviluppo nel giugno 2011 ma risale al 2009, riguarda i riti della Yoruba, religione di derivazione africana, dell’america centro meridionale. Dove gli animali vengono utilizzati per riti che prevedono decapitazioni o sgozzamenti. Per la legge italiana questi riti hanno ben poco peso.

Purtroppo il carcere per le persone che attuano queste pratiche dura molto poco, e viene trasformato in una pena pecuniaria, che però, nel caso in questione, non c’è stata.
Il Sostituto Procuratore della Repubblica di Udine dott. Marco Panzeri, aveva coordinato delle indagini e condotte dalla Squadra Mobile di Udine che avevano portato a due imprenditori della ristorazione, F.A.R.H, di anni 46, ancora residente in Fiuli, e C.L., di anni 36, ora residente in provincia di Venezia di origini sudamericane.

Chiesto il rito abbreviato e data l’incerta la provenienza dei cani, ai quali era stato tolto il microchip, nonostante gli appostamenti ed il relativo materiale fotografico che documentava sgozzamenti avvenuti su animali vivi usati al fine di spruzzare il sangue, per mano degli imprenditori, sulla testa dei fedeli – anche neonati – c’è stato poco da fare. Per gli adepti, provenienti anche da altre Regioni, identificati grazie alle foto non ci sono estremi penali per procedere.

I due imprenditori sono stati giudicati secondo la legge sui maltrattamenti di animali, che, come non fosse successo niente, li ha rimessi in libertà creando, come sottolinea GeaPress, un preoccupante precedente.

Attenzione: immagini forti presenti nei link delle fonti
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